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Il futuro dell'IA: la regolamentazione europea

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E quasi improvvisamente tra la fine del 2022 e quest’anno ci siamo trovati a confrontarci con la cosiddetta “Intelligenza Artificiale” con un’intensità mai vissuta in precedenza. Probabilmente l’effetto era prevedibile, ma ci ha colti n qualche modo di sorpresa.

La prima cosa che viene da domandarsi è: ma sta succedendo veramente qualcosa di radicalmente nuovo che potrebbe sconvolgere sia in senso negativo che in senso positivo il mondo del lavoro, le relazioni, l’organizzazione dello stesso (con)vivere sociale?

E se, come sembra, la risposta è affermativa, siamo pronti ad affrontare un nuovo modo di relazionarci con le macchine? Scopriamo, ad esempio, che mestieri o professioni a rischio di sostituzione non sono solo quelle con mansioni ripetitive, quelle impiegatizie tipiche del Novecento, ma anche professioni ad alto contenuto tecnico come la programmazione del software. Il dibattito anima intellettuali, ricercatori, politici, imprenditori di fama planetaria e persino filosofi, dato che l’evoluzione dell’automazione porta con sé anche importanti interrogativi etici.

In realtà l’Unione Europea già da anni ha messo in atto una poderosa strategia per l’Intelligenza Artificiale che dovrebbe culminare, forse già entro il 2023, con la promulgazione di un Regolamento denominato “Data Act” o Legge sull’Intelligenza Artificiale, che potrebbe diventare il primo standard a livello mondiale che norma l’intelligenza artificiale per il bene dell’umanità.

Vale la pena indagare l’architettura UE sulla gestione della IA  per intuire che cosa ci aspetta nel futuro vicino e lontano e quali aspetti geopolitici giocano un ruolo rilevante, dal momento che i big player nordamericani e asiatici stanno facendo grosse pressioni politiche perché la legislazione europea non metta un freno alle loro mire egemoniche.

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